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Roberto Ferrari nasce a Gorizia nel 1959 e, dopo alcuni anni di vita, è perduto durante una processione religiosa. I tentativi di ritrovamento, perpetrati da alcune persone a lui care e da altre meno gradite non producono nessun effetto. Ha inizio perciò il suo percorso alla ricerca di materiali, arnesi e oggetti, che gli altri suoi simili gettano e che lui stesso vorrebbe gettare. La volontà di buttare le cose, perché giunte al termine del loro ciclo vitale nella veste di prodotti destinati al consumo veloce e distratto (e renderle inutili, prive del valore che fino a pochi istanti prima possedevano) arriva dalla concezione del mondo e dell’umanità come il luogo e gli abitanti del sistema della produzione e, di conseguenza, del sistema del consumo, percepito come unico metodo e modello di vita possibile. Questi oggetti deprivati potrebbero, secondo il suo pensiero semplice, offrire qualche indizio per ritrovare la strada del ritorno (dell’arrivo), forse nel tentativo di sfruttare l’energia dei ricordi depositati sopra e all’interno di quelle “cose”, facendole quasi divenire mito. Nel frattempo va avanti, come Zeno Cosini, senza capirci molto, ma in modo sufficiente per consentirgli di continuare a ritrovare gli oggetti desueti della vita per assemblarli e regolarli in mappe ed equilibri probabili. Nell’attesa di ORCHESTRAZIONE 11 salva una vecchia bicicletta destinata alla distruzione e ne fa il suo veicolo di locomozione, con lo scopo di procedere in direzione rovesciata rispetto alla processione di cui sopra. La strada continua verso direzioni da inventare di volta in volta, di bicicletta in bicicletta, di rito in rito, di verso in verso. Ritenta un percorso nel 2004 (per ORCHESTRAZIONE 12), sonoro questa volta, in compagnia di un giovane di belle speranze, tale Jack Sandron, ma ancora non ottiene risultati apprezzabili. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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